
Cambiare vita: vivere un anno a Barcellona
Sembra ieri quando in lacrime mi imbarcavo con la mia bici su una nave diretta in Spagna. E invece un anno a Barcellona sembra sia volato. Cambiare vita e vivere un anno a Barcellona: vi racconto com’è andata in una decina di punti!
1. Io e l’ansia del foglio bianco
Dunque, facciamo un rewind.
A giugno 2019 quando mi licenziai lasciando il mio lavoro a tempo indeterminato in una grande azienda digital di Milano. A luglio avevo un colloquio a Firenze, l’ultimo di un lungo processo di selezione per diventare tour leader per vacanze in bici.
“Lo passerai di sicuro” mi dicevano tutti.
Invece mi trovai con un sogno infranto e senza uno straccio di lavoro. Ad agosto decisi che dovevo godermi l’estate e un’altra avventura in bici sarebbe stata un’ottima cura: attraversai i Pirenei Coast to Coast.
E a settembre?
Beh, avevo un temibile foglio bianco davanti a me: potevo scriverci tutto, oppure nulla. Potevo ritrovare un posto nella vita di prima. O decidere di cambiare, di costruire qualcosa più vicino ai miei ideali, di dare un senso alla mia scelta di aver lasciato il posto fisso.
“Voglio fare un esperienza all’estero. E voglio vivere in una città col mare”
Fu abbastanza semplice, su quel foglio scrissi: cambiare vita e trasferirsi a Barcellona.
2) L’incubo del NIE e la voglia di rinunciare
Arrivata a Barcellona trovai una bellissima stanza in meno di 48h. Uno di quei colpi di fortuna che capitano raramente, che si accettano ad occhi chiusi.
E il lavoro? Beh, io mi dicevo: vado lì, prendo il primo lavoro che trovo e poi provo a cercare qualcosa nel mio campo (comunicazione e grafica).
Seee, Angelina, la fai facile tu. Guarda che ti serve il NIE!
E che cos’è il NIE?
Scopro 24 ore prima di partire che trovare un qualsiasi lavoro a Barcellona, serve il NIE, il número de identidad de extranjero, un codice per l’identificazione fiscale degli stranieri in Spagna.
Peccato che quasi nessuno ti faccia un contratto di lavoro se non hai il NIE.
Sì, avete capito bene, funziona più o meno così: niente NIE, niente lavoro. Niente lavoro, niente NIE.
Mi sembrava di essere in una specie di rompicapo, in un escape room, in una sorta di labirinto senza via d’uscita, dove ogni tentativo falliva; e io senza un lavoro non potevo continuare a stare lì.
Ricordo ancora quel giorno in cui uscii da uno degli uffici della Policía Extranjera con il NIE verde in mano. Volevo fargli un quadro. Ce l’avevo fatta.

3) Beata te! Vita da freelance
Trovai lavoro dopo circa un mese nel mio campo. Incredibile vero? Un piccolo spazio che si affitta ad aziende per workshop, formazioni ed eventi: aveva bisogno di qualcuno che gli curasse la comunicazione. Essendo piccoli però mi proponevano di lavorare con Partita Iva.
Perché no?
Di fatto era quello che cercavo: cambiare vita, uscire dalle dinamiche del lavoro dipende essere padrona del mio tempo e del mio spazio. Avrei cercato altri clienti e iniziato a lavorare da remoto. Un sogno.
Vivere da freelance è affascinante.
Da un lato la libertà di gestirsi il proprio tempo, che in realtà è un’arma a doppio taglio. Fra il desiderio di farsi un giro in bici o un bagno al mare, distrarsi dai propri obiettivi è un attimo.
Dall’altro il fatto che niente è scontato. Essere freelance è una continua ricerca: se vogliamo trovare clienti dobbiamo renderci interessanti, attrattivi, essere sempre in linea col mercato. E non solo dobbiamo essere bravi nel nostro lavoro, dobbiamo essere anche degli ottimi commerciali e oculati nel gestire entrate e uscite.
Io quando ho preso questa scelta non avevo considerato un sacco di cose e sconsiglierei ad altre persone di fare come ho fatto io: non prendetela alla leggera!
Non sono del tutto pentita, ma non è stato per nulla facile: ansie sul futuro e sull’incertezza economica mi hanno accompagnato molto spesso in questo cammino, sopratutto durante il Covid-19.
Certo, beata me che posso svegliarmi quando voglio, andare al mare il martedì mattina, farmi un giro in bici il giovedì pomeriggio. Tutto questo è fantastico. Ma quanti di voi lascerebbero le proprie certezze per questa apparente libertà?

4) Bici, amici & solitudine
La bici ha innumerevoli poteri, quasi magici direi: non solo ci tiene in forma, ci porta in giro ed è amica dell’ambiente. Grazie alla bici ho incontrato persone incredibili e molte di loro hanno assunto un significato importante nella mia vita, diventandone parte integrante.
Sapete come ho conosciuto il mio primo amico di Barcellona?
Mi trovavo sui Pirenei ed ero ferma per decidere dove andare. Si avvicina un ciclista che mi chiede dove fossi diretta e mi lascia il suo contatto dicendomi: “Sono su Warmshower, se passi da Barcellona posso ospitarti io”. Io quel giorno non avevo minimante nei programmi futuri di passare da lì. E poi invece…
Appena arrivata inoltre ho cercato subito dei MeetUp ciclistici e poi ho scoperto l’Eroica Café, dove ho stretto le prime amicizie.
Ma come scrivevo in post, potrei pedalare ogni giorno con persone diverse, ma apprezzo molto anche la solitudine. La bici in fondo è la mia perfetta compagna di viaggio, con lei non mi sento mai sola.

5) Non vivo in Spagna, vivo in Catalunya
Arrivai a Barcellona in un periodo piuttosto caldo: non per le temperature, ma per le proteste degli indipendentisti catalani.
Non voglio entrare in discorsi complicati e delicati, ma abitando vicino alla sede della Polizia Nazionale Spagnola, di manifestazioni ne ho viste molte e da molto vicino. E vivendo in casa insieme a Catalani ho avuto la fortuna di sfamare tutte le mie curiosità, conoscerli meglio e saperne di più sulla loro storia e identità a volte controversa.
Ci trasferiamo a Barcellona pensando che parleremo spagnolo. Invece impariamo presto che qui la lingua principale è il catalano e che lo spagnolo, o meglio il castigliano, è quasi un’imposizione, ma se lo parliamo, ci capiscono benissimo. Guai a dire che il catalano è un dialetto; e se lo imparassimo il catalano, prenderemmo un posto in prima fila nel loro cuore.
I catalani sono fieri della propria regione. Potrebbero passare delle ore a raccontarmi di itinerari in bici che potrei percorrere per scoprire le sue bellezze e varietà di paesaggi. E così ho fatto.
Un po’ alla volta combinando bici e treno, ho dedicato i miei weekend a scoprire i posti più belli. Purtroppo il Covid-19 ha “bruciato” il periodo più bello dell’anno per girovagare. Ma pazienza. Così è la vita.

6) Il confinamiento
Sicuramente è stato uno dei momenti più difficili di questi 12 mesi trascorsi di qui, il periodo in cui ho sentito più forte la nostalgia di casa, della mia famiglia, del mio paese.
Mi sono sentita terribilmente sola. Non perché lo fossi realmente: condivido casa con altre 3 persone. Ma perchè in situazioni così delicate vorremmo avere accanto a noi le persone più care. Certo, eravamo tutti chiusi nelle nostre case più o meno soli e lo sarei stata anche in Italia. Ma io ero chiusa in casa in un altro paese, i confini erano bloccati e qualunque cosa fosse successa, sarebbe stato complicato spostarsi.
Ma da un altro punto di vista mi sento fortunata ad averlo trascorso a Barcellona, piuttosto che ad esempio nella casa in cui vivevo a Milano.
Molti palazzi qui hanno un terrazzo condiviso all’ultimo piano e il nostro è stato la mia ancora di salvezza. Potevo correre, fare yoga, fare i rulli con la mia bici, disegnare. Ma sopratutto è stato un luogo d’incontro dove, con le dovute distanze, ho conosciuto molti dei miei vicini: sembrava di essere all’interno di una sitcom dove ognuno di noi metteva a nudo la propria personalità: avvocati, artisti, giornalisti, malabaristi, sognatori, tutti alla ricerca di quel raggio di sole, del cielo azzurro, del nostro angolo di libertà.

7) Realizzare sogni: progetti personali
Fra i vantaggi del foglio bianco che citavo all’inizio, c’è quello di potersi dare la possibilità di realizzare sogni più o meno grandi.
Iniziare una nuova vita a Barcellona e vivere da freelance, consentito di dedicare del tempo a coltivare progetti personali.
Non solo mi sono iscritta a un corso di illustrazione, ma a Barcellona ho finalmente aperto il blog che stai leggendo.
Volevo un luogo dove mettere in ordine tutte le mie esperienze e poterle raccontare, nella speranza di essere utile ad altre persone.
Trasferirsi in un’altra città però implica un sacco di altre cose: integrarsi, trovare lavoro, amici. E così, nonostante avessi già comprato il dominio l’anno scorso, solo durante il periodo del confinamiento sono riuscita a dargli una struttura concreta e a pubblicarlo.
Ho anche creato insieme al mio amico Pietro Franzese una linea di magliette a tema cicloturismo, mettendo in pratica quello che avevo appreso durante il corso. Se siete curiosi o se voleste acquistarne una, le trovate su Spreadsheart, il sito a cui ci siamo appoggiate per la vendita.
8) La nostalgia di casa
Quando mi trovo in un posto nuovo ho un’irrefrenabile voglia di scoprire il più possibile quello che mi sta attorno. Ma a volte sopraggiunge la nostalgia di casa, sopratutto se abbiamo tenuto vivi dei legami, che abbiamo paura di perdere.
Fino a prima del Covid-19 tornavo in Italia praticamente ogni mese. Barcellona è una città ottimamente collegata col nostro paese: autobus, aerei, navi; raggiungere casa era semplicissimo ed economico ed ogni scusa era buona per un viaggio di rientro.
Forse, tornando indietro, proverei a sciogliere certi legami, o meglio, a superare quella paura di perderli.
Del resto se una persona è importante, non uscirà dalla nostra vita per la distanza geografica che si interpone fra noi.
Mentre la paura di perderla non potrà che renderci infelici, col rischio di rovinare il rapporto stesso.
Adesso ho capito che è importante vivere il qui ed ora, piuttosto che il vivere qui con la testa in un altro luogo. Altrimenti rischiamo di perderci il bello da entrambe le parti.
Del resto sono stata io a scegliere consapevolmente di allontanarmi da casa e provare nostalgia è una normale conseguenza, che sto imparando ad accettare.
Arriverà il momento giusto per tornare e riabbracciare quelle persone che avranno ancora un motivo per esserci.
9) Tirando le somme…
Per quanto il tempo sembra che sia volato, in questi 12 mesi di cose ne sono successe parecchie. Forse non è andato tutto esattamente come volevo. Ma a parte Covid-19 e le altre innumerevoli piccole difficoltà, posso dire di essere riuscita a costruire con soddisfazione un mio piccolo mondo anche qui.
Inserirsi in un contesto nuovo significa compiere decisioni ogni giorno, accettare sfide, raggiungere traguardi, intraprendere strade sconosciute, cogliere opportunità: insomma, un’occasione di crescita continua.
Inoltre parlare un’altra lingua, conoscere una nuova cultura, viverne gli stili di vita, scoprirne i paesaggi sono fra le cose più affascinanti che si possano provare.
L’unico rimpianto che ho, è di non averlo fatto prima.
E voi, avete mai fatto esperienze all’estero? Oppure sognate di partire?
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7 commenti
Alessia
Bell’articolo, molto interessante!
Il mio sogno da un po’.
Chissà magari un giorno ci si incontra ????????
angela@unsognosudueruote.com
Ciao Alessia, intendi venire a Barcellona o fare un’esperienza all’estero? Io sono un po’ lenta nella realizzazione dei sogni, ma prima o poi ce la faccio 🙂 spero anche tu!
Fabri
Grande Angela, ho letto tutto il post e posso condividere con te le stesse paure e incertezze che hai riscontrato nell’uscire dalla zona di comfort a casa. Continua cosi! Sky’s the limit!
Elisa
Si dopo 4anni avanti indietro gennaio 2020 decido che a barcellona voglio restarci riesco a fare il nie colloqui in castellano poi lockdown, Barcellona un sogno nel cassetto che forse un giorno riapriro, manca tanto,,,,, ho pianto per tutto il tragitto barcellona Roma in nave le prime due settimane piangevo ininterrotta…. Manca tanto credo sia il momento migliore per tornare….
Giulia
Ciao! Grazie per aver condiviso la tua esperienza, è una cosa (trasferirmi a Barcellona) che sogno di fare da anni, ma non ho ancora trovato il coraggio di farlo… E appunto volevo chiederti un paio di cose. Con l’inglese uno se la potrebbe cavare o meglio partire sapendo lo spagnolo? E tu sapevi già lo spagnolo prima di partire? E poi la cosa della partita iva è diversa dall’Italia (molte uscite soprattutto per la pensione e in più il commercialista)?
Ultima curiosità, ora con il covid19 c’è più difficoltà in generale nel trovare lavoro immagino, o no?
angela@unsognosudueruote.com
Ciao Giulia,
Grazie a te per aver letto il mio articolo!
Innanzitutto per la questione della lingua, dipende molto dal tipo di lavoro che vorresti fare. Se fai un lavoro a contatto con il pubblico dovresti almeno sapere lo spagnolo (e considera che qui si parla anche il Catalano!). Ci sono altri lavori però, come quelli nei call center dei Servizi Clienti di varie aziende, dove cercano persone che parlano italiano (o altre lingue), proprio perché lavorerai parlando con clienti italiani. Potrebbe essere un buon modo per iniziare. Io sono una grafica e certamente la conoscenza dello spagnolo e di altre lingue mi è stata di aiuto. Lo spagnolo lo avevo studiato alle superiori, quindi molti anni fa!
La Partita Iva ha una tassazione diversa da quella Italiana e per il primo hanno hai una tariffa agevolata. Non so dire però se sia più o meno vantaggiosa di quella italiana.
Per il tema Covid è difficile rispondere, ma probabilmente la situazione non è tanto diversa da quella italiana. Su Facebook però ci sono diversi gruppi di Italiani e non che vivono a Barcellona, dove spesso vengono pubblicate offerte di lavoro o richieste e consigli per chi ha intenzione di trasferirsi.
Se vuoi altre informazioni puoi contattarmi via email. Anche io per anni non ho avuto il coraggio di partire. E adesso l’unico rimorso che ho, è quello di non averlo fatto prima! 🙂
Lucia
Complimenti per il tuo coraggio!